Mentre eravamo all'aereoporto di Stansted, in attesa di un volo a basso costo, abbiamo degustato la pinta di birra che vedete nella fotografia sulla sinistra. Approfittiamo dell'occasione per "prendere con una fava due piccioni", iniziando a trattare della birra. Questo è solo l’inizio, visto che l'acquisita familiarità con tale bevanda alcolica da parte di chi vive in Inghilterra, impone una più approfondita conoscenza della birra. Pertanto, ora passiamo a trattare (brevemente) della storia della birra, rimandandovi successivamente alle sue proprietà, a nozioni basilari su uso e conservazione, ai boccali ed altro ancora.
Storia della birra
Non si sa con certezza dove venne inventata la birra, ma sicuramente due elementi costanti ne hanno caratterizzato la millenaria storia: la presenza universale e la sua popolarità presso tutti i ceti della società. Con molta probabilità il fenomeno della fermentazione, essenziale per la produzione della birra, venne scoperto casualmente in diverse parti del mondo, più o meno nello stesso periodo. I Vichinghi, a cui taluno fa risalire la scoperta delle birra, chiamarono aul la loro bevanda. Nomi assai simili le vennero conferiti nei Paesi la cui lingua discende dall'antico germanico: olut in Finlandia, øl in Norvegia, , öl in Svezia, ale in Inghilterra. Gli Assiro-Babilonesi distinguevano diversi tipi di birra (chiare, scure, rosse, dolci, forti, aromatiche) ed utilizzavano denominazioni diverse per distinguere le birre prodotti con cereali differenti: le siraku si ricavavano dall'orzo, le kurunnu dalla spelta. A Babilonia, la più ricca città dell'antica Mesopotamia, vi erano quattro le birre maggiormente consumate: bi-se-bar, una birra d'orzo, big-gig, una birra scura normale, big-gig-dug-ga, una birra scura di qualità elevata e bi-kal, la birra migliore. In Egitto la birra, detta zithum, era considerata un alimento nutrizionale e veniva utilizzata persino come medicina. Mentre, però, i Babilonesi rimasero allo stadio artigianale nella produzione della birra, presso gli Egizi si giunse alla produzione industriale statale. La birra era nota anche agli Ebrei, ma furono i Greci, che non la producevano ma la importavano copiosamente, a decretarne la fama, diffondendola inizialmente in Iberia, poi in Gallia ed infine presso i Celti. Per quanto Etruschi e Romani apprezzavano maggiormente il vino, non mancarono i sostenitori della birra, come Agricola, governatore della Britannia, che tornato a Roma nell'83 D.C., si fece accompagnare da tre maestri birrai provenienti da Glevum, l'odierna Gloucester. I Romani diedero alla bevanda il nome di cerevisia (o cervogia), da cui i vocaboli cerveza e cerveja, utilizzati oggi rispettivamente in Spagna e Portogallo. Tra le popolazioni barbare, i Germani ed i Celti furono i più accaniti consumatori della birra. Intorno al V secolo D.C., la produzione della bevanda alcolica in oggetto avveniva prevalentemente presso le Abbazie dei monaci. La prima, in ordine di tempo, fu l'Abbazia di Weihenstephan presso Monaco. Furono proprio i monaci durante il Medioevo ad innovare la produzione della birra, migliorandone la qualità, introducendo nuovi ingredienti nella sua produzione, tra cui il luppolo. L'editto di Reinheitsgebot sulla purezza della birra, promulgato nel 1516 in Baviera, ed ancora in vigore in Germania, stabilì che per la sua produzione si potessero utilizzare soltanto acqua, malto e luppolo, vietando l'aggiunta di spezie, erbe, bacche, misture vegetali (la più famosa si chiamava gruit) o altro, utilizzate fino ad allora per l'aromatizzazione della birra. In Inghilterra, dove sin dal XVI secolo vennero introdotte norme a tutela della genuinità della bevanda, la nuova metodologia di produzione basata sull'impiego del luppolo venne utilizzata con molto ritardo (dato che non piaceva il gusto amarognolo causato dal luppolo), tanto che la birra prodotta con i vecchi metodi si continuò a chiamare ale, mentre il vocabolo beer venne utilizzato per designare le birre continentali luppolate. Nel XVI secolo la bevanda giunse in America. Tutte le tipologie di birra, però, venivano prodotte con il metodo ad alta fermentazione, finchè nel 1842, venne inventato (Pilsen nella Repubblica Ceca) il metodo a bassa fermentazione, oggi largamente prevalente nel mondo. Importanti furono per l'applicazione del nuovo metodo gli studi di Pasteur sulla fermentazione e l'utilizzo di un nuovo tipo di lievito (saccaromyces carlsbergensis), che venne isolato per la prima volta in Danimarca nel 1883, rimpiazzando l'uso generalizzato del saccaromyces cerevisiae.
Nozioni basilari
La birra è una bevanda alcolica “viva”, le cui proprietà possono
essere esaltate ed apprezzate a condizione di conoscere almeno i rudimenti
in tema di conservazione, freschezza, spillatura, schiuma, bicchieri, tipologie
di birra e Paesi produttori, gusto, colore, temperatura di servizio. Conservazione: la birra va tenuta in luoghi asciutti (odia l’umidità),
ben areati, poco luminosi (gradisce la penombra, perciò le bottiglie
sono di vetro ambrato o verde), ad una temperatura costante compresa tra i
18 e 20 gradi (mai al caldo o al freddo).
Freschezza: bisogna distinguere tra bottiglie e lattine, per le quali l’etichetta
ci indica una data di scadenza entro cui è preferibile che la birra
vada consumata, e fusti che vanno consumati in tempi brevi, ed una volta iniziati
entro 48 ore (l’ossidazione fa deteriorare la birra
conferendole un sapore acidulo).
Spillatura: serve per preservare l’aroma e la fragranza e soprattutto
per evitare l’innalzamento della temperatura della birra. E’ una
vera e propria “arte”, la cui esecuzione dipende dal tipo di birra.
Non si tratta infatti di una semplice apertura e chiusura del beccuccio (rubinetto),
ma di una saggia gestione dello stesso in modo da ottenere la quantità necessaria
di schiuma. Le birre a bassa fermentazione, che sono quelle consumate in prevalenza
in Italia, vanno spillate con due dita di schiuma, quanto più compatta
possibile. Per alcune birre ad alta fermentazione (es. bitter ales inglesi),
la shiuma è considerata un difetto. Le ales inglesi vengono spillate
col bicchiere inclinato, che
viene raddrizzato man mano che la birra riempie il bicchiere.
Schiuma: funge da “coperchio” naturale, impedendo che la birra
perda rapidamente aroma e fragranza. Inoltre, riduce l’innalzamento della
temperatura. In alcuni Paesi (es. Belgio), si ricorre ad una spatola per eliminare
la schiuma non in linea con il bordo del bicchiere, mentre in altri Paesi (es.
Germania) la presenza di una schiuma corposa viene apprezzata. Già abbiamo
detto nell’ambito della spillatura che le birre britanniche (ad eccezione
delle stout) non hanno schiuma, dato il basso tenore di anidride carbonica.
Bicchieri: la riuscita della spillatura dipende molto dalla gestone dei bicchieri
che riguarda:
- forma e capienza: è talmente importante, da condurre all’effettuazione
di studi specifici volti all’individuazione non solo del miglior bicchiere
per un dato tipo di birra (es. lager, stout, ecc.), ma addirittura per una
data specifica birra. In generale, il tradizionale boccale bavarese, molto
utilizzato in passato per tutte le birre, è caduto in disuso, in favore
delle coppe di vetro spesse e panciute, dove si bevono le birre d’Abbazia
belghe, le birre a doppio malto e le Strong Ale. Il bicchiere tipico britannico
(pinta) viene utilizzato per le stout e le ale, in virtù della forma
più allargata al vertice, che riduce la formazione della schiuma (come
detto non gradita dai britannici). Il calice a tulipano piccolo va bene per
le lager e Pilsner, quello grande per le birre ale, quelle fruttate e aromatiche
ed le doppio malto. Le pilsner e le ale vengono anche versate nei bicchieri
stretti e slanciati a stelo corto, mentre le weizen (torbide poichè ricche
di lievito in sospensione) vengono tipicamente servite nei bicchieri alti slanciati
da mezzo litro.
- pulizia: il bicchiere deve essere assolutamente pulito, va sempre ben lavato
ed asciugato all’aria e mantenuto a testa in giù. Non vanno usate
sostanze detergenti “aggressive”, che permarrebbero sulle pareti
del bicchiere danneggiando la birra. Per tale motivo, i bicchieri vanno risciacquati
con cura (a mano o ricorrendo ad un lavabicchieri a spazzole).
- umidificazione: la birra non va versata in bicchieri
asciutti. Ecco perchè si utilizza il bagna-bicchieri prima della spillatura,
col duplice vantaggio di ridurre la temperatura del vetro, evitando che le
caratteristiche della birra vengano alterate dal brusco innalzamento della
temperatura, e di evitare che la schiuma aderisca alle pareti, restando compatta
per più tempo. Il bicchiere andrebbe servito su di un apposito sottobicchiere
di cartone.
Tipologie di birra e Paesi produttori: quanto detto finora in tema di spillatura,
schiuma e bicchieri, fa comprendere che esistono tantissime varietà di
birre, la cui classificazione è davvero ardua, pertanto ci limitiamo
a ricordare le birre di abbazia (generalmente belghe), le ale e le bitter (britanniche),
le light (molto leggere diffuse nei Paesi dell’Est europa), le analcoliche,
le Pilsner o Pils (originarie della Repubblica Ceca), le Stout (molte irlandesi).
Il novero dei produttori italiani di birra si sta sempre più restringendo,
dato che stiamo subendo una vera e propria colonizzazione.
Gusto: la sensazione che si prova degustando la birra è alquanto varia,
visto che ogni birra presenta caratteristiche particolari. Alcune volte la
birra sembrerà morbida-armoniosa, altre gradevole-corposa, o piena di
malto, frizzante-delicata, luppolata, secco-gradevole, piena, fragrante di
malto, amarognola, ecc.
Colore: si va dal biondo chiaro, quasi trasparente, al
biondo, al giallo oro, all’oro intenso, al rosso, al nero (birre scure).
Facciamo notare che le birre da noi dette “rosse”, non sono così chiamate
nel Regno Unito. In genere non le bevono, ed ammesso che vi comprendano quando
tentiate di tradurre dicendo “red”, vi serviranno una “bitter” che
di rosso (anzi rossastro) ha solo il colore, ma sarà amara (bitter),
e non dolce come vi aspettereste.
Temperatura di servizio: dipende dal tipo di birra. Le birre light e le leggere
vanno servite molto fredde, quelle fruttate, le Pilsner e le lager vanno servite
fresche, le ale e le stout a temperatura di cantina, le strong tra i 12 e 15
gradi.
Proprietà
Pochi sanno
che mentre la divinità legata al vino è Bacco, Gambrinus è il
Dio della birra. Ma come mai la birra riscuote sempre più successo
presso qualunque tipologia di consumatore,
uomo o donna, giovane, di mezz’età o anziano (solo
tale fascia continua a prediligere nettamente il vino)?
Unitamente a tanti alimenti e bevande, quali uova,
cioccolata, caffè, la birra è stata a lungo denigrata,
accusandola, ad esempio, di far ingrassare e di ostacolare
i processi digestivi. Recentemente, però, i nutrizionisti
hanno fatto giustizia delle erronee credenze
popolari che gravavano su tanti alimenti e bevande.
Ovviamente, come tutti i cibi e bevande, va assunta
con moderazione: non più di mezzo litro al giorno, o
anche meno, cioè l’equivalente di una lattina da 33 cl..
Mentre in Italia, l’interesse verso la birra è recente, nel
Regno Unito, tale bevanda alcolica rappresenta da
lungo tempo non solo un piacevole momento concesso
al palato, magari in abbinamento a qualche cibo,
ma soprattutto un’abitudine che favorisce la "socializzazione" e
migliora il buon umore, il tutto nella cornice
del pub.
Per comprendere le ragioni del successo
della birra, partiamo dall’aspetto qualitativo, dalle materie
prime impiegate per la produzione della birra:
Una delle accuse rivolte da sempre alla birra è quella di essere una "bomba calorica", il che non è, dato che contiene meno calorie delle bevande gassate dolci. Inoltre, favorisce la digestione e, al pari del vino, fa bene al cuore grazie alla vitamina B6, che tiene sotto controllo il livelli di omocisteina (tra le cause delle cardiopatie). Ed ancora, tale bevanda contiene, in elevata concentrazione, altre vitamine del gruppo B, la B2 e l’acido pantotenico, che, unitamente alla citata B6, producono un benefico effetto sul sistema nervoso, favorendo il rilassamento. Inoltre, la birra contiene degli ormoni vegetali naturali, detti fitoestrogeni, che migliorano il morale. La ragione è semplice: il luppolo è affine alla canapa ed presenta analoghi effetti allucinogeni. I fitoestrogeni, massicciamente presenti nei fiori di luppolo, secondo la medicina popolare affini agli ormoni feminili (estrogeni), causavano la comparsa delle mestruazioni tra le raccoglitrici, due giorni dopo l’inizio del raccolto. La ragione ormonale spiegherebbe il successo della birra tra gli uomini piuttosto che tra le donne: la bevanda, infatti, aiuterebbe i maschi a raggiungere il loro equilibrio ormonale ed avrebbe effetti sessuali positivi, a condizione di non "alzare troppo il gomito". Altrimenti, da benefica, la birra diventerebbe dannosa, originando quella che i britannici chiamano "brewer's droop" (afflosciamento del birraio). Senza trascurare la circostanza, esteticamente negativa, della formazione della tipica pancia del bevitore di birra, a causa degli zuccheri e dell’alcol contenuti nella bevanda.
Una pinta imperiale di birra