a cura di Luca Ambrosone
Parlavo spesso delle problematiche legate al lavoro, assai carente nella mia terra d'origine (Irpinia) con un amico di mio fratello, che mi disse che di lì a poco sarebbe partito per Londra, al fine di trovare un lavoro per vivere e mi invitò a seguirlo. Io che da sempre desideravo intraprendere quest'avventura, ovviamente, "colsì la palla al balzo" e, una volta messi assieme i soldi necessari per il primo periodo, lo raggiunsi.
Il primo impatto con Londra per me fu devastante!!! Già dall'aereo mi resi conto della vastità della capitale inglese. Era enorme, eppure non avrei dovuto percepire una tal sensazione, dopo tutto ero un viaggiatore abituato a Roma, Madrid e Milano... Ma non c'era proprio storia!! La prima sensazione che provai fu quella di sentirmi spaesato, un poco perché ancora pativo lo stordimento iniziale, un pò per la lingua, perché anche conoscendo abbastanza bene l'inglese, per me parlavano arabo... Pur con qualche piccola difficoltà giunsi nella zona (Gloucester Road, zona 1, cioè pieno centro), dove mi attendeva il mio contatto. Ci incontrammo e raggiungemmo l'ostello. Lungo il percorso fu assai brusco l'impatto con la realtà inglese. Infatti le case, tanto belline e carucce all’apparenza, sono di uno squallido allucinante nella pratica... vedere (e provare) per credere.
Passati i primi giorni, cominciai a capire che le cose sarebbero state ben più complicate di quando immaginassi, perché la persona che avevo raggiunto, anziché darmi il supporto che mi aveva promesso e garantito prima di partire, non faceva altro che farmi perdere tempo, prendendo impegni che poi sistematicamente disattendeva (basti pensare che per redigere un CV in inglese mi ha fatto aspettare una settimana), e continuandomi a dire che lui aveva fatto tutto da solo (prima di questo viaggio, era già stato in Inghilterra per 4 anni), facendomi capire, di fatto, che non voleva aiutarmi. Una volta chiarita la situazione e "mandatolo a quel paese", mi diedi da fare, iscrivendomi ad alcune agenzie di lavoro, per cui conto lavorai solo un mesetto circa, fino a quando, cercando e chiedendo in giro, un ragazzo di Milano che conobbi in ostello, apprezzando il mio inglese "decente", mi suggerì di chiedere un colloquio al Caffe Nero, una nota catena di bar londinesi. Lo feci e mi presero!
Dopo un corso (all'inglese) di due giorni, dove mi spiegarono come fare il barista, mi lanciarono nella mischia, mandandomi in uno dei bar più affollati della mia zona, ed infatti il primo giorno fu terribile, perché ovviamente, non essendo pratico del mestiere, ero troppo lento per poter servire a regime l'enorme mole di persone che affluiva nel locale. In aggiunta, ebbi pure la sfortuna d trovarmi a lavorare con delle persone poco umane, nel senso che di rispetto della persona ne sapevano ben poco. Infatti, dopo un pò, ebbi una discussione con una di loro, perché aveva la "buona" abitudine di ordinarmi cose da fare che puntualmente erano in contrasto con ciò che mi diceva la manager, ma anche riportando la cosa a quest’utima era come parlare ad un muro... Alla fine, fece d tutto per farmi licenziare, cosa che non accadde perchè, avendo lavorato anche in altri bar della compagnia per delle sostituzioni, l’area manager volle darmi una seconda possibilità, dato che i giudizi provenienti dagli altri bar erano più che positivi. Venni mandato a Kingston (zona 6) in un centro commerciale, a due ore d viaggio da dove vivevo, in un bar più affollato del precedente ed in un contesto sociale dove l’aplomb (comportamento) inglese era un vago ricordo. Col senno di poi ho scoperto essere il modo in cui gli inglesi ti licenziano, mettendoti in condizione di andartene: cosa che puntualmente accadde dopo due mesi, no ho resistito oltre...
Comunque, in questi quattro mesi mi sono divertito poco, alla fine il lavoro, specie a Kingston, mi massacrava ed alla fine giungevo a casa stremato, il tempo di mangiare qualcosa, doccia e letto... perché la sveglia al mattino suonava alle 4. Alla fine mi sono ambientato (dopo i primi due mesi, terribili), ma non mi sono mai trovato a mio agio, troppa era la diversità socio-culturale per poterla colmare, almeno per me. Soprattutto perché gli inglesi mi sono sembrati alquanto razzisti (ne è un esempio il trattamento riservato agli operai italiani), si credono sempre superiori a tutti gli altri e non lo nascondono quando ci parli, trattandoti come una nullità e queste sono cose che personalmente tollero molto poco.
Comunque, tornai a casa per Pasqua, perché dovevo operarmi ad una cisti (di cui già mi accorsi a Londra, ma lì avrei dovuto pagare molto); così, dopo varie peripezie venni operato a novembre.
Approfittai di questo arco di tempo per riflettere su cosa fare e su quanto volessi realmente tornare
a Londra: le aspettative di vita, in fondo, sono peggiori di quelle italiane. Qua con uno stipendio, pur con qualche sacrificio, campi, là anche con due stipendi fai fatica ad arrivare a fine mese (occorrono almeno 3000 sterline), vivendo in zona 2 o 3 (non proprio nobili) in una casa di 60 mq (una flat) pagata 450.000 sterline (uno sproposito). Inoltre, quello che meno mi entusiasmava, era il fatto che per poter aspirare ad un lavoro che mi permettesse di vivere un pochino (con il lavoro che avevo a stento sopravvivevo) e poter uscire ogni tanto senza patemi d'animo, avrei dovuto parlare un inglese fluente, il che avrebbe richiesto almeno un anno e mezzo/due. Ma pensandoci, piuttosto che passare due anni sopravvivendo per poi sapere solo l’inglese, era preferibile che investissi quel tempo per avviarmi ad una laurea, in modo da accrescere il mio livello di istruzione, ed imparare
l’inglese allo stesso tempo, visto che in Informatica si studia su testi in inglese. Pertanto, decisi di rimanere nella mia terra. Purtroppo, da quando vi ho fatto ritorno, ancora non sono riuscito a trovare nulla (solo lavori saltuari e mal pagati) per mettere in pratica ciò che mi ero proposto di fare. Speriamo bene....